[Attenzione, il post seguente propone delle posizioni estreme a scopo di far riflettere il lettore su alcune problematiche, siete liberi di travisarle a piacimento per il ludibrio vostro e dei vostri pari]
Siamo nell’era del deepfake, in cui gli attori non recitano più nei film ma vengono scansionati e sostituiti da un loro clone generato da una AI. Cosa mai potrebbe andare storto nel mondo della fotografia?
Vi ho già parlato in passato di come possa capitare di perdere la possibilità di pubblicare una foto perché il soggetto non ha espresso chiaramente il suo consenso o ha cambiato idea.
Ieri stavo guardando un servizio al TG dove veniva inquadrato un neonato in primo piano ed era completamente sfocato perché a quanto pare nemmeno chi può avvalersi del diritto di cronaca ha il coraggio di far valere le sue ragioni sulla privacy di un bambino così piccolo che non ha ancora dei lineamenti che lo rendano riconoscibile.
Eppure sfocare i volti o inserire una striscia nera sugli occhi è sempre stata la foglia di fico dietro cui nascondere il problema e che comunque rovinerebbe qualsiasi ritratto fotografico. L’alternativa per chi fa centinaia di foto a soggetti diversi in fiera è quella di collezionare faldoni di liberatorie e in ogni caso le parole “irrevocabile e a tempo indeterminato” sono solo parole che si sciolgono alla luce del sol… GDPR.
Allora perché rischiare quando le IA ci offrono una perfetta soluzione? Cambiare i connotati del soggetto; renderlo irriconoscibile senza rovinare la fotografia. Praticamente un deepfake al contrario. D’altronde se coltiviamo la carne per non far soffrire gli animali, perché non coltivare dei soggetti che non facciano soffrire le opere fotografiche?
| « | Indice | » |