L’olocausto della fotografia

Sabato 16 Novembre 2019

Ci sono molti motivi per scattare una fotografia: la fotografia è un modo per fermare nel tempo un ricordo, oppure uno strumento per condividere ciò che vediamo con altre persone. Sono funzioni molto diverse tra loro e diverso è il pubblico a cui ci si rivolge e con esso cambia anche tutto l’ecosistema che ruota intorno alla produzione di uno scatto.

Un dibattito sempre vivo è quello tra gli estimatori della fotografia analogica rispetto a quelli della digitale: il mondo della fotografia oggi è come una sala in cui tutti alzano la voce e fanno un enorme baccano. D’un tratto si sente uno sparo e cala il silenzio. Lo sparo, nel mondo della fotografia, deriva dalla crisi delle vendite di macchine fotografiche, anche le instax, cioè quella specie di polaroid moderne, e non si salvano ne Sony, ne Canon, ne Nikon e Fuji.

Chi è riuscito a tacitare tutto questo bailamme è stato un piccolo dispositivo che tutti conosciamo, perfetto per le esigenze del nuovo pubblico, più evoluto rispetto alle macchine fotografiche in molti modi: condivisione immediata, algoritmi per la pulizia del viso, per l’effetto sfocatura, per la riduzione del rumore, per dettagli più nitidi. Sta tutto dentro il cellulare.

Qualche purista insorge: veramente stai confrontando il mondo della fotografia con quello dei cellulari?

Una volta a quelli che veneravano la fotografia analogica si diceva: ma lo sai che oggi nello sviluppo e nella stampa della tua cara foto “analogica” è tutto digitale?

Oggi la considerazione che possiamo fare è molto simile, ovvero: veramente scatti fotografie con un sensore da 60mm e 100 megapixel per far vedere le tue foto su instagram? Perdi ore per pulire un punto nero sulla guancia di un viso che nessuno vedrà più grande di un francobollo?

Eppure la causa di tutto questo sono i fotografi e il motivo è semplice: si è accettato di fornire contenuti a un mondo di social creati proprio per gli smartphone. Le opere fotografiche sono regalate allo Zuckerberg di turno in cambio di visibilità. La stessa moneta che proposta come pagamento ad un creativo fino a ieri sarebbe stata un’offesa, ma di cui oggi non può fare a meno (si veda #coglioneno su YouTube).

La fotografia di oggi vede personaggi come Cristina Otero (@cristinaoterophoto su instagram) realizzare le sue opere con uno smartphone. Opere in cui il fotografo non coglie più l’attimo standosene con la sua macchina fotografica sempre pronta a tracolla, ma bensì entrando nella scena e creandola in prima persona.

L’attimo non si coglie più vivendo ogni momento con accanto la propria reflex perché tanto in una tasca qualcuno ha uno smartphone e quello che stai per scattare è già su Instagram. Non ci resta che accettare la corsa all’equipaggiamento più performante è finita, che la post-produzione non è più ad appannaggio di pochi grafici-fotografi e che non c’è più posto per stare dietro all’oculare nemmeno per il tripod-man.

Uniamoci alla corsa ai followers perché, quando ne avremo abbastanza, otterremo tutto quello che desideriamo; non ci servirà nemmeno più essere creativi e nessuno si accorgerà della differenza. Noteremo distrattamente che anche l’ultimo spazio, quello davanti alla macchina fotografica, sarà vuoto o peggio occupato da una ragazzina impegnata in un selfie ammiccante. Lotta persa in partenza con un pubblico voyeurista a cui la bella foto non ha mai detto nulla. Pubblico che abbiamo cercato, che abbiamo ottenuto, e che ora ci ricorda che è troppo tardi per dire "mea culpa".


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