Nel 1985 la gente comune aveva solo la televisione. Un unico flusso di dati che si poteva solo ascoltare. E’ stato l’anno in cui ho acquistato il mio primo modem: lo si usava per collegarsi a dei forum chiamati BBS. Per visualizzare una riga di testo ci volevano circa 3 secondi. Immaginatevi i tempi necessari per scrivere e trasmettere un testo come questo, senza colori né immagini.
Questo piccolo foro nell’unidirezionalità dell’informazione si è andato via via allargando, è arrivata internet, i primi siti web e i primi servizi come blogspot e myspaces dove ognuno poteva creare un diario e raccogliere il suo pubblico in base ad interessi comuni.
Poi qualcuno ha pensato bene di creare dei servizi per aggregare e rendere più facilmente pubblicabili i contenuti degli utenti: i social networks. Nel frattempo tutta la tecnologia che serviva allo scopo ci è entrata letteralmente dentro le tasche: gli smartphones.
Perdonate questo frettoloso riassunto di 40 anni di evoluzione nelle nostre comunicazioni ma mi sembrava la giusta premessa.
Oggi siamo tutti come venditori in un enorme mercato dove ognuno urla per richiamare l’attenzione dei passanti. Tanta è la sete di followers che si passa da una piazza all’altra il prima possibile, perché magari quella più nuova ha più spazio. Oggi è il turno di Threads.
Non ci curiamo minimamente di quale sia il costo, ma soprattutto di sapere a chi stiamo pagando l’affitto di quello spazio, tanto la moneta più comune è “solo” la propria privacy.
Nei fatti non siamo tanto diversi dai tasti di un organo la cui melodia è suonata da un pianista che chiamiamo algoritmo: ci fa parlare quando vuole che gli altri ci sentano e ci lascia in un angolo quando le nostre parole sono fuori dal coro.
Io rivoglio il mio tempo com’era ai tempi delle BBS, voglio tornare a parlare ad una persona alla volta. Per questo motivo l’unica parte dei social che mi interessa è il messaggio privato. Magari criptato end-to-end lontano dalle orecchie delle grandi divinità di quest’era, che di nuovo ha solo una diversa forma degli strumenti che ci dettano come vivere. Meglio asociali che assuefatti.
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