Il genere della violenza 2.0

Domenica 19 Novembre 2023

In tanti anni mi è capitato molto raramente di riscrivere un post. Questo in particolare nella sua versione precedente mi ha fatto guadagnare un ban da un social network. Sia chiaro, non intendo cambiare opinione ma solo esprimere in maniera più chiara gli stessi concetti che avevo raccolto in modo confuso nella concitazione del primo post.

L’idea di dire la mia sul femminicidio deriva dallo shit-storm contro i maschi che ancora dilaga sui social dopo la morte di Giulia C. per mano del suo ex.

Il concetto su cui si basano molte lamentele è semplice: la violenza è una caratteristica maschile. Spesso queste affermazioni sono esposte dalla stessa gente che si batte per la libertà di definire la propria identità di genere e questa cosa mi fa molto ridere: siete liberi di essere ciò che volete, tranne maschi.

Ma c’è un problema enorme in questa logica di pensiero: si punta il dito su una caratteristica innata di metà della popolazione mondiale, e se questo fosse realmente il problema, non vedrei altre soluzioni al di fuori di un’evirazione di massa.

Io invece affermo che c’è un enorme problema culturale da risolvere: vogliamo chiamarlo patriarcato? Ok. Parliamo del matrimonio: se ne hanno tracce milleottocento anni prima di Cristo in Mesopotamia come atto di vendita con cui un uomo comprava una donna. La versione moderna di questa cerimonia nasce nel medioevo e sancisce un’unione irreversibile tra due persone. La Chiesa Cattolica ancora oggi non accetta che questa unione possa finire.

Non accettare che un rapporto possa finire… non vi ricorda qualcosa?

Capite che una mentalità di questo tipo che ci influenza da cinquemila anni è un problema grave ma risolvibile, essere maschi non dovrebbe nemmeno essere un problema. Eppure ogni anno i suicidi dei maschi sono quattro volte superiori a quelli delle femmine.

L’educazione è al centro di tutto: far capire che ogni rapporto ha il diritto di nascere, crescere ed eventualmente finire in un clima sereno e di comprensione e ovviamente che il proprio partner non si possiede come un oggetto. C’è da chiedersi come sia possibile non essere arrivati ancora a questo risultato, soprattutto considerando che il compito di educare i giovani è svolto all’80% da donne.


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