Cosplay e pornografia

Sabato 29 Settembre 2018

Che si tratti di una katana troppo appuntita o di un comportamento fastidioso, il limite tra il lecito e l’illecito tra gli utenti delle fiere cosplay è spesso sottile. Oggi ho deciso di affrontare il tema della sessualità espressa in fiera e in fotografia. Ho cercato di documentarmi il più possibile e di citare le fonti, ma non essendo un addetto ai lavori, vi invito a prendere con le pinze quello che dico ed eventualmente di indicarmi eventuali correzioni con relativi riferimenti.

Partiamo in quarta! Avete deciso di portare un cosplay “pornografico” in fiera, vi arresteranno? La risposta potrebbe essere “sì”, perché lo dice l’articolo 528 del codice penale sulla pornografia, ma indagando ulteriormente si arriva ad un “no” perché la sentenza 368 del 1992 della Corte Costituzionale ci fa notare che esiste la libertà d’espressione a patto che l’utente finale possa scegliere se fruirne o meno. Ma se siamo in una fiera cosplay, che peraltro è un luogo abitualmente frequentato da minorenni, siamo sicuri che finisca tutto qui?

Ovviamente no, perché esiste il reato 527 del codice penale, ovvero “atti osceni in luogo pubblico” che è stato depenalizzato nel 2016, ma vale ancora come tale, guarda caso, nei luoghi abitualmente frequentati da minori.

Sarebbe tutto chiaro se sapessimo cosa si intende per “atto osceno”, ma la definizione che ne da la legge è soggettiva, ovvero “ciò che è contrario al comune senso del pudore”.

Nel 1959 un bacio lussurioso era considerato un atto osceno, nel 1976 lo era abbracciarsi con intendi lascivi, nel 1997 lo era toccare il sedere o il seno del proprio partner sopra i vestiti (cass.pen. 10657). D’altra parte nel 2010 spalmarsi la crema in topless in una normale spiaggia frequentata da bambini andava bene (Anzio, 9 agosto 2010).

Il “comune senso del pudore” dopo lo sfogliare di tutte queste sentenze per me rimane un mistero. Quello che è chiaro è che il mix di pudore e minorenni è molto precario.

Pensiamo a certi manga e quella scritta in quarta di copertina che ci informa che tutti i soggetti riprodotti all’interno delle pagine che stiamo per sfogliare sono maggiorenni. Facciamo un attimo di silenzio e passiamo oltre...

Ahegao! Magari con un pò di liquido imprecisato sulla faccia. Ci sono pure le magliette! Instagram ha oltre 281000 post, molti dei quali sono selfie di minorenni. Benvenuti nel mondo della pedopornografia, perché se il soggetto è minorenne è considerato pornografico anche il nudo e l’atto osceno, che come abbiamo visto è un concetto molto fumoso.

Tra gli spettatori si alza un signore evidentemente sudato urlando: “Oh mio dio, ci arresteranno tutti!” e corre verso l’uscita preso dal panico. “Fermo!” incalza il relatore dal palco, “ricorda la sentenza dei ragazzi di Livorno!”. Come ha potuto dimenticarsene?

Certo! La sentenza della Cassazione nr. 11675 del 2016! Se ti fai le foto da solo puoi fare qualsiasi cosa: si, esatto, QUALSIASI cosa perché “manca il concetto di sfruttamento del minore da parte di una terza persona”.

Quindi per la legge italiana ben vengano i selfie di minori nudi in bagno, ma uno scatto d’autore di Hamilton rimane pedopornografia. E si guardi bene ogni fotografo in fiera dal ritrarre un minore in una posa sexy perché già questo potrebbe oltrepassare il limite del “senso del pudore”, magari non quello dei nostri figli che si ricordano bene dei tentacle rape di Food Wars e del lombrico di Shimoneta, ma quello del giudice settantenne che... “Tex Willer, chi?”


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