Quando il rapporto tra cristiani e musulmani si fa teso c’è sempre qualcuno che obietta “ma noi abbiamo fatto le crociate”. Lo stesso tipo di ricerca storica del casus belli vale per i territori contesi in Palestina e Israele. Insomma, si fa sempre a gara a trovare una scusa nel passato per giustificare le azioni del presente.
Penso che il presente debba essere giudicato nell’attualità del contesto in cui ci si trova, senza ripercorrere a ritroso la storia per giustificare le proprie azioni. Una regola oggettiva per valutare una situazione è quella del rispetto dei confini: solo il popolo che vi abita ha il diritto di scegliere democraticamente come determinarsi, senza l’interferenza, soprattutto quella militare, di Stati stranieri pronti a “salvarlo” da se stesso.
Il 31 luglio 1991 Russia e Stati uniti sottoscrivono un accordo chiamato “Start” che limita il numero di armi atomiche che ogni paese può avere a disposizione. 22 febbraio 2023, la Russia sospende la sua adesione al trattato Start. Tranquilli però, è solo una sospensione: un pò come quando si smette di fumare tra una sigaretta e l’altra. La Duma quel giorno era presa bene probabilmente e oltre alla sospensione del primo trattato ne ha approfittato per revocare il riconoscimento della sovranità della Moldavia sul suo territorio stipulato in un accordo del 2012. Vi invito a guardare una cartina geografica e a fare una preghierina per gli abitanti di Odessa, scegliete pure voi quale Dio pregare, magari scegliete Buddha, che al momento mi sembra quello più tranquillo. C’è un altro documento molto interessante, chiamato “memorandum di Budapest”, è stato stipulato nel lontano 1994 con il quale l’Ucraina, che all’epoca era la terza potenza nucleare al mondo, si impegnava ad aderire a Start, e cedere alla russia tutte le sue armi nucleari. Pensate che bello quel momento per i cittadini ucraini, la fine dell’incubo atomico nel proprio giardino. In cambio si chiedeva di rispettare la libertà e l’indipendenza dell’Ucraina entro i suoi attuali confini. Questo era il 1994, ora facciamo ancora tre passi indietro e veniamo al referendum del 20 gennaio del 1991 in cui una regione sovietica tramite referendum ripristinò la sua identità come repubblica socialista autonoma con il 94% dei consensi, nove mesi dopo il 4 settembre 1991, il parlamento di quella regione deliberò di entrare a far parte dello stato ucraino. Il suo nome era Repubblica Socialista Sovietica Autonoma di Crimea. Quelli erano i confini che Russia e USA si erano impegnati a rispettare nel memorandum di Budapest del 16 novembre 1994.
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