Il confine

Martedì 23 Luglio 2019

Si torna a casa dopo #Riminicomix, conto dell’albergo in tasca, bollette nella buca delle lettere e un frigo vuoto da riempire guardando il portafoglio già svuotato due ore prima dal benzinaio. Mi chiedo cosa sia rimasto di questo Riminicomix e mille immagini scorrono nei miei pensieri. Le risate notturne in fontana, i camerieri del Grand Hotel che cacciano i fotografi, le tavolate infinite con birre e pizze, sono tutti ricordi degli anni precedenti. Sarà forse il palco tornato accanto alla fontana a farmi un brutto scherzo e a mischiare tutto, non lo so. Bisognerebbe tracciare un confine fra i ricordi passati e quelli recenti e lasciarsi tutto alle spalle senza rimpianti di vecchie amicizie dimenticate. Eppure c’è una linea che attira la mia attenzione, linea che notai la prima volta proprio sotto quel tendone da circo che ospitava al suo interno chi faceva la gara e lasciava fuori i festaioli accaldati in parrucca e costume che per molti non erano nemmeno cosplayers. Solo lì vedevi gli abiti più belli, indossati per pochi minuti da falene pronte dare la loro vita in quell’attimo di fronte ad un riflettore.

Quanto soffrivamo noi fotografi nel non poter ambientare con calma una foto con loro, almeno quelli che cercavano di rendere giustizia solo ad un bel costume, sia che si trattasse della prima comparsata dell’Ironman di Prizmatec Cosplay, sia di un elfo sexy in body painting preso da World of Warcraft.

Quello era il confine definitivo, il territorio che solo pochi privilegiati osavano varcare.

Tuttavia siamo a Riminicomix 2019 e quella riga è sparita. Sul palco ci si diverte esattamente come accanto alla fontana dei cavalli. Ci sono cosplay incredibili ovunque che, se non ti stupiscono per quanto sono belli, lo fanno anche solo perché il caldo non li ferma.

E la lotta sembra non avere più fazioni tra chi cerca di ottenere una posa studiata ricordando le scene più belle di un anime o un film insieme al soggetto che desidera ritrarre e chi scatta senza pensare, come fosse ad uno zoo safari pronto per portare a casa come trofeo un culo o un bel paio di tette.

Foto che non vedremo mai o almeno lo speriamo.

Questa è la Riminicomix per tutti che va dalla spiaggia alla fontana, tra tavoli e stand, tensostrutture e artisti che firmano autografi.

Proprio lì, un pò nascosti accanto al Grand Hotel, tra un loculo bianco e un paio di colonne dello stesso colore ci sono quei cosplayer che non accettano questo crogiuolo di scippatori e maniaci.

In questo luogo si organizzano “i set” con fotografi fidati e ben conosciuti. Senza chi è pronto a far click sul lato B; dove i fotografi veri, come vampiri, si contorcono alla ricerca della perfetta angolazione per non comparire nel riflesso dei vetri e i cosplayer disposti in batteria aspettano pazientemente il loro turno.

Ma qualcosa sta per succedere. Lo vedi, arriva dal boschetto, attraversa la siepe spaesato e disorientato seguendo una cosplayer come Alice fece con il Bianconiglio, la sua piccola mirrorless in mano e tanto entusiasmo.

“Posso una foto?”, “Sono stanca”, “Posso una foto?”, “Adesso devo scattare”, “Posso una foto?” “Tornatene al tuo paese perché nel mondo che vogliamo non c’è posto per te.”

E così anche lui capisce che, per quanto si sposti un palco o si cambino le regole dei contest, una riga ci sarà sempre.

Ma in fondo al cuore lui lo sa che c’è spazio per tutti e non lo deve cercare lì. Quelle colonne non sono il mondo intorno al soggetto che vuole rappresentare in ogni scatto della giornata, non lo farebbe nemmeno per soldi. Nel suo paese un set è un progetto, una ricerca fatta con il soggetto per raccontarsi insieme, con il giusto impegno e tutto il tempo che serve perché quel click possa raccontare una storia.


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