Le strade della fotografia shibari

Lunedì 17 Giugno 2019

Quando faccio fotografia shibari la maggior soddisfazione che ottengo deriva dalla fiducia che si crea con il soggetto. Questo avviene perché spesso svolgo anche il ruolo di rigger, cioè colui che crea le composizioni. C’è da dire che come fotografo ho imparato a riconoscere e ricercare almeno tre obiettivi distinti per ottenere una maggior qualità fotografica.

Il primo è sicuramente legato all’aspetto coreografico, cioè alla necessità di creare composizioni che siano belle a vedersi almeno dall’inquadratura di scatto. Questo significa ad esempio che i materiali usati, pur non essendo sempre i migliori per lo shibari, possono invece risultare ottimali nella fotografia. Anche valutare la posizione finale dei nodi è importante, soprattutto se non si desidera averli tra i piedi nell’inquadratura. Per questo cercando uno shibari esteticamente più interessante può capitare di creare qualcosa di assolutamente finto e inutile, tenuto insieme giusto il tempo che serve per scattare.

Il secondo modo di fare shibari è sicuramente quello più tecnico che consente di creare composizioni in aria o pose molto contorte. Per questo è necessario che il soggetto sia allenato e abbia un fisico adatto ad essere sostenuto in un certo modo. Non capita spesso. Inoltre creare una composizione completa porta via molto tempo e non sempre può essere mantenuta a lungo, per questo il posizionamento delle luci va studiato prima e tutto deve essere pronto per lo scatto finale al momento giusto.

L’ultimo modo di fare fotografia shibari è quello legato alla volontà di cogliere la più interessante espressione possibile del soggetto. Questo implica un coinvolgimento emozionale che può avvenire in vari modi e quasi sempre non dà i risultati sperati. La verità è che la parte emozionale di uno scatto è sempre estremamente difficile, in qualsiasi genere ritrattistico.

Quindi posso concludere dicendo che non esiste un mix corretto di questi tre ingredienti e spesso per privilegiarne uno si penalizzano gli altri. Ma è proprio la ricerca dell’armonia perfetta che mi spinge ancora a proseguire in questo genere fotografico.


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